Roma, Monastero delle Tre
Fontane, ricerca archeologica delle fasi dell'insediamento.
Roma, Basilica delle Tre Fontane,
particolare di capitello
Ripresa con banco ottico 4x5", obiettivo
Schneider Xenon 150 mm su diapositiva Kodak Ektachrome, 100 ISO.
Abbazia delle Tre Fontane, transetto e ala est del
convento, pianta a quota +1. |
Il complesso abbaziale di Tre Fontane è
stato oggetto di studi a più riprese da parte della prof.ssa Angiola
Maria Romanini (1) del prof. Pio Francesco Pistilli (2) e della prof.ssa
Melinda Mihályi (3).
In occasione delle diverse campagne di
documentazione mi fu richiesto di realizzare sia in fotografia che in
grafici di rilevo i differenti aspetti delle indagini che di volta in
volta venivano condotte sulle strutture in elevazione e sulle strutture
che emergevano da appositi scavi archeologici. La storia del monastero è
assai complessa e le fasi che hanno caratterizzato il suo sviluppo
oggetto di ampia discussione scientifica. Secondo la tradizione, nel 67
d.C. in località Aquae Salviae, alle porte di Roma, fosse decapitato San
Paolo e la sua testa rotolando diede origine a tre sorgenti da cui
derivò per il luogo il nome di Tre Fontane. La zona, già abitata in
epoca romana, divenne ben presto venerata dai primi cristiani che forse
vi eressero un oratorio, attorno al quale nel 625 si insediò una
comunità di monaci greci che diede vita ad un monastero intitolato
l’anno seguente da papa Onorio I a Sant’Anastasio, al cui nome fu
aggiunto poi anche quello di San Vincenzo. In data imprecisata durante
il pontificato di Adriano I (772-795) il complesso monastico fu
distrutto da un incendio, ma subito ricostruito per volere del papa. Nel
secolo successivo Tre Fontane ricevette donazioni da numerosi pontefici
(tra cui Leone III), ma quella più importante (che comprendeva anche le
isole del Giglio e Giannutri e il Monte Argentario) fu fatta da Carlo
Magno nell’805, anche se il documento che l’attesta da molti è stato
ritenuto falso. Nel 795 o, secondo altri studiosi, solo nell’XI secolo
nel monastero giunsero i Benedettini, sostituiti poi dai Cluniacensi che
però abbandonarono ben presto il luogo a causa della malaria. Papa
Innocenzo 11, dopo aver fatto restaurare il complesso monastico nel
1136, lo donò nel 1138 a San Bernardo che lo aveva aiutato nella lotta
contro l’antipapa Anacleto II (morto proprio nello stesso anno).
Nel 1140 una colonia di Cistercensi della
linea di Clairvaux, guidata dall’abate Bernardo Paganelli di Montemagno
(nel 1145 eletto papa col nome di Eugenio III), si insediò a Tre
Fontane. Dopo un periodo iniziale difficoltoso, dovuto alla morte di
alcuni monaci per la malaria, la nuova comunità cominciò a prosperare
come confermano le numerose filiazioni effettuate fino alla metà del
XIII secolo. Nel 1418 papa Martino V istituì la Commenda nell’abbazia
che, interrotta per un periodo imprecisato, riprese nel 1460 o 1461,
istituita questa volta da Pio 118. Nel 1518 Tre Fontane fu aggrégata
definitivamente alla Provincia Toscana della Congregazione Italiana, che
scomparve però nel 1783 per volere del Granduca Pietro Leopoldo e così
l’abbazia entrò nella Provincia Romana. Dopo la soppressione napoleonica
la comunità cistercense non fu ricostituita e nel 1826 papa Leone XII
affidò il monastero ai Minori Conventuali ai quali subentrarono nel
1868, per volere di Pio IX, i Trappisti francesi che ancora vi
risiedono.
Sotto il profilo architettonico, il
complesso abbaziale di Tre Fontane è costituito da tre chiese: San
Paolo, Santa Maria Scala Coeli e San Vincenzo e Anastasio alla quale
sono addossati gli edifici monastici. Alle prime due accenniamo
brevemente mentre ci soffermeremo sulla terza. San Paolo, sorta secondo
la tradizione nel luogo in cui fu decapitato il santo dal quale prende
il nome, è la più antica, eretta col monastero nel VI o VII secolo
(forse sulle rovine di un oratorio precedente) e fu ricostruita
totalmente tra il 1599 e il 1601 da Giacomo Della Porta (al quale il
lavoro era stato commissionato dal cardinale commendatario Aldobrandini)
e fatta restaurare nel 1867 da Pio IX. Santa Maria Scala Coeli (che
commemora una visione avuta nel luogo da San Bernardo nel 1138 nella
quale le anime liberate salivano al cielo su una scala) fu riedificata
dal Della Porta tra il 1582 e il 1584 per commissione del cardinale
commendatario Farnese e sostituì una cappella precedente. San Vincenzo e
Anastasio ha data di costruzione incerta: alcuni studiosi pensano che la
chiesa sia stata eretta tra il 1138 e il 1150 per volere di Innocenzo II,
mentre altri sono del parere che si trattò solo di lavori di ampliamento
da parte dei Cistercensi su un edificio precedente. Papa Onorio III fece
completare la chiesa, che fu consacrata nel 1221 o nel 12446. Restauri
furono effettuati nel 1733 e nel 1868.
L’edificio, costruito in laterizio, è a
croce latina, con tre navate di nove campate separate da pilastri
quadrati, abside anch’essa quadrata e affiancata da due cappelle
rettangolari per lato, che prospettano sul transetto. La copertura della
navata centrale doveva originariamente prevedere una volta ad arco
acuto, ma essa fu solo accennata e subito abbandonata per motivi
strutturali: le esili murature, sprovviste di contrafforti esterni non
avrebbero potuto reggere la spinta della volta e si ripiegò così su un
tetto a capriate. Le navate laterali sono voltate a crociera liscia e
sono illuminate da monofore a doppia strombatura. La navata centrale è
collegata alle ali del transetto, più basse, con due archi a tutto sesto
mentre è collegata all’abside, anch’essa di altezza minore, da un terzo
arco al di sopra del quale termina con una parete piana in cui si aprono
tre monofore e un piccolo rosone. Essendo la navata, l’abside e le ali
del transetto di altezze differenti non si è così resa necessaria la
costruzione di cupole, crociere o tiburi. Il coro è voltata a sesto
acuto, come le cappelle del transetto, e sulla parete di fondo ha un
oculo e due monofore. La facciata della chiesa è a capanna con un rosone
centrale e cinque monofore a tutto sesto disposte attorno ad esso e
nella parte inferiore ha un portico dei primi del ‘200 con tetto a una
falda (probabilmente rifatto nel ‘400-500) e quattro colonnine ioniche.
Nella muratura sono presenti alcune ceramiche del XIII secolo, motivo
decorativo presente in Italia settentrionale (per esempio nella facciata
di Morimondo). Da ricordare tra gli edifici conventuali il chiostro e
l’ingresso detto “Arco di Carlo Magno Secondo diversi autori la chiesa
di San Vincenzo e Anastasio rappresenterebbe un esempio perfetto di
architettura cistercense del periodo “bernardino”, improntata quindi a
quei caratteri essenziali codificati da San Bernardo che sarebbero stati
applicati negli edifici dell’Ordine soprattutto fino alla morte del
santo. Sono in disaccordo invece gli autori per quanto riguarda
l’influenza artistica lombarda nella costruzione: il Sartorio, basandosi
sull’uso «dei mattoni con innegabili caratteri lombardi», ipotizza
addirittura la presenza di maestranze settentrionali a Tre Fontane (pur
se dirette da un architetto dell’Ordine) mentre Fraccaro vede nella
chiesa sistemi «più spiccatamente borgognoni (per esempio la volta a
botte acuta nel transetto e nel coro)», attribuendo il lavoro a frati
francesi. (4)
(1) docente di Storia dell’Arte Medievale,
Università La Sapienza di Roma
(2) docente di Storia dell’Arte Medievale,
Università La Sapienza di Roma
(3) Università La Sapienza di Roma
(4) cfr: www.cistercensi.info. Per la
bibliografia più recente: PISTILLI P. F., Considerazioni sulla storia
architettonica dell’abbazia romana delle Tre Fontane, in “Arte
Medievale”, II, 6, 1992, 1, pp. 163 -192. ROMANINI A. M., La storia
architettonica dell’abbazia delle Tre Fontane a Roma. La fondazione
cistercense, in “Mélanges à la mémoire du père A. DIMIER”, III, 6, 1982,
pp. 653-695. MELINDA MIHÁLYI, I cistercensi a Roma e la decorazione
pittorica dell'ala dei monaci nell'abbazia delle Tre Fontane, in “Arte
Medievale”, II Ser. 1991/1, Roma.
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Abbazia delle Tre Fontane, transetto e ala est del
convento, pianta a quota +5.
Abbazia delle Tre Fontane, transetto e ala est del
convento, pianta a quota +11.
Abbazia delle
Tre Fontane, analisi della pianta secondo lo schema dello Hahn.
Abbazia delle Tre Fontane, schema dei rapporti
proporzionali in alzato.
Abbazia delle Tre Fontane, vista assonometrica da est.
Abbazia delle Tre Fontane, spaccato assonometrico della
prima sagrestia.
Abbazia delle Tre Fontane, prospetto e sezione del rosone
del coro.
Abbazia delle Tre Fontane, ipotesi ricostruttiva della
decorazione del rosone del coro.
Abbazia delle Tre Fontane, schema delle coperture,
ipotesi di successione delle fasi.
Abbazia delle
Tre Fontane, pianta della primitiva ala Est del monastero.
Abbazia delle
Tre Fontane, ipotesi ricostruttiva del primo portico del chiostro.
Abbazia delle
Tre Fontane, ipotesi ricostruttiva delle fasi dell'ala monaci. (cfr.
Pistilli)
Abbazia delle
Tre Fontane, ipotesi ricostruttiva dell'ala monaci, assonometria. (cfr.
Pistilli)
Abbazia delle
Tre Fontane, ipotesi ricostruttiva dell'ala monaci, fronte orientale
(cfr. Pistilli)
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PRIME OSSERVAZIONI DAL RILIEVO
ARCHITETTONICO DEL COMPLESSO DELLE TRE FONTANE
Roberta Caglianone, Alessandro
lazeolla
Con queste note si vogliono riportare i primi risultati
di un'indagine che dal punto di vista metrico ha affiancato la lunga e
difficile ricerca sulla storia architettonica dell'abbazia cistercense
dei Ss. Vincenzo e Anastasio e degli edifici monastici delle Tre
Fontane. Tale studio, incentrato dapprima solo sul rapporto fra l'ala
settentrionale del transetto e gli ambienti del corpo conventuale che
con esso su diversi livelli interagiscono, successivamente è stato
esteso anche alla chiesa nel suo complesso ed a tutta la porzione est
del monastero [1-3]. Si è cercato così di comprendere le trasformazioni
dei corpi di fabbrica attraverso il loro rilevamento, integrando la pura
ricognizione dei dati con un approfondimento critico, e se ciò non
sempre è stato possibile si desiderano comunque segnalare gli elementi
parsi più significativi. Le operazioni di rilievo sono consistite nella
realizzazione di una poligonale dai cui vertici, per misurazioni polari
mediante tacheometro, si sono definiti tutti i punti fondamentali. Per
la determinazione delle quote non accessibili si è invece proceduto
all'applicazione del principio topografico delle intersezioni in avanti
nello spazio. Il calcolo delle coordinate assolute di ciascun punto è
stato in seguito ottenuto mediante un elaboratore elettronico. Con i
controlli a campione effettuati durante la fase finale di dettaglio
(realizzata con misurazioni dirette per trilaterazione) si è potuto
constatare che il margine di errore per le stime polari è stato
contenuto al di sotto dello 0,01%. La valutazione dei dati geometrici
raccolti ha portato al riconoscimento di alcuni particolari allineamenti
delle superfici murarie, di alcune difformità di quota nei vari ambienti
a piano terra e di determinate anomalie dimensionali. Sono state inoltre
ricercate in pianta ed in alzato quelle dimensioni costanti che
moltiplicate o regolarmente suddivise potessero regolare la
progettazione degli spazi. In appendice si presentano infine il rilievo
di dettaglio del rosone del coro, con la restituzione ipotetica del
motivo decorativo presente sulla lastra riutilizzata, e la ricostruzione
delle fasi di copertura del transetto e delle cappelle settentrionali
attraverso lo studio delle canalizzazioni per lo smaltimento dell'acqua
piovana, riportate alla luce dai recenti lavori di restauro dei tetti.
DIMENSIONI NOTEVOLI E QUOTE
Le misure complessive interne della chiesa sono di cm
6422 per il suo massimo sviluppo longitudinale, mentre trasversalmente
corrispondono cm 2089 e cm 2074 al corpo delle navate, rispettivamente
all'altezza della controfacciata ed all'innesto del transetto. Le
dimensioni della nave centrale sono di cm 4332 x 928, mentre per quel
che riguarda le due navate laterali i valori sono fra loro differenti:
più larga e alta quella meridionale (cm 4272 x 460 x 665h), di poco più
lunga, più stretta e bassa la settentrionale (cm 4281 x 414 x 612h). Per
i 9 pilastri quadrangolari che separano ciascuna navatella da quella
centrale si rilevano dati pressocché costanti (cm 142 x 142), fatta
eccezione per il primo verso l'ingresso (cm 131 x 143) e l'ultimo verso
il transetto (cm 190 x 142). Questo è lungo cm 2908, con larghezza ed
altezza variabili fra braccio meridionale (cm 940 x 118 Ih) e braccio
settentrionale (cm 931 x 1079h). Anche le due cappelle del transetto
nord presentano una evidente differenza in larghezza, avendo
rispettivamente dimensioni di cm 471 x 327 e di cm 471 x 435. Per quanto
concerne le murature si riportano i seguenti spessori come
rappresentativi delle variazioni determinate: 142 cm per il muro nord
del coro; 121 cm per il muro esterno del transetto sud; 108 cm per il
muro settentrionale nel transetto nord; da 98 cm a 104 cm per i muri
dell'aula capitelare; 120 cm e 65 cm per i muri interno ed esterno delle
cappelle settentrionali; rispettivamente 97 cm per il muro esterno della
navata laterale sud e 74 cm per la navatella nord (con uno scarto quindi
di 23 cm); infine nel chiostro appaiono allineati due muri che
all'interno presentano spessori diversi: 80 cm il muro di divisione col
transetto e 121 cm il muro di separazione dalla prima sagrestia, muro su
cui si imposta la scala di comunicazione col dormitorio. Un muro di
analoghe dimensioni è stato rinvenuto alla quota di — 60 cm nel corso
dei recenti lavori all'interno della chiesa: su di esso risulta
impostato il muro ovest del transetto, a filo sul chiostro ed arretrato
all'interno della chiesa [4-5]i. Sembrerebbe così definita la zona del
transetto da pareti, anche a quote ed in tempi precedenti
all'insediamento cistercense, di spessore costante (circa 120 cm) e
generalmente superiore a quello degli ambienti adiacenti. Il muro
settentrionale invece, almeno per la parte in elevato, presenta uno
spessore più vicino a quello dei divisori dell'aula capitolare, e, come
verrà ripreso più avanti, potrebbe costituire il diaframma che articola
due nuclei differenti. Per quanto concerne la determinazione delle quote
pavimentali bisogna premettere che si fa riferimento alla sola
situazione attuale, compromessa da sistemazioni ed alterazioni anche
recenti della conformazione delle superfici calpestabili originali.
Nonostante ciò, è comunque immediatamente palese la notevole differenza
di livello esistente fra l'area che include chiesa e sagrestia e la zona
comprendente chiostro e sala capitolare. L'ambiente centrale di
passaggio, che chiameremo prima sagrestia, costituisce l'elemento di
collegamento tra le due aree, caratterizzato da un impiantito fortemente
inclinato. Assunta convenzionalmente come quota di riferimento 0,00 il
livello del pavimento al centro del transetto, si è dapprima rilevata la
leggera pendenza del pavimento della chiesa verso la facciata, che si
manifesta in una differenza totale di quota pari a 7 cm. Ancora meno
significativo è lo scarto di quota rilevabile fra il transetto e la
sagrestia, che si imposta ad una quota di + 3 cm. Il divario totale di
livello è dunque di 10 cm per una lunghezza massima di 6640 cm, con un
valore della pendenza teorica pertanto trascurabile (0,08°). La
pavimentazione della sala capitolare si imposta invece ad una quota che
varia da un minimo di - 67 cm (spigolo orientale) a un massimo di 80 cm
(spigolo occidentale) con una pendenza media in direzione Est-Ovest di
0,53°. Anche l'impiantito del braccio del chiostro che si svolge lungo
il corpo conventuale orientale presenta una leggera pendenza, ma verso
nord (0,59°): nell'area considerata le sue quote variano da — 87 cm a —
62 cm (per la zona adiacente la navata). Considerate così omogenee le
quote delle aree chiesa/sagrestia e capitolo/chiostro si osserva come il
loro collegamento avvenga in due punti: una porta lungo la parete
settentrionale della navata (dove il salto di quota di 63 cm è superato
mediante una scala) e la zona della prima sagrestia dove è presente un
complesso sistema di scale e pendenze [6]. Dal livello del chiostro un
gradino conduce sul piano dell'ambiente, suddiviso in due vani di cui
uno ricavato sotto la scala che conduce dalla chiesa al dormitorio.
L'intero locale ha una pavimentazione inclinata sia secondo l'asse
Nord-Sud che secondo la direzione Est-Ovest, disposta in modo da
costituire una sorta di scivolo di collegamento tra il chiostro e la
chiesa. In particolare la massima pendenza si nota secondo l'asse
Nord-Sud dove le quote passano da — 7 cm a — 40 cm con una pendenza di
3,38°. Secondo la direzione Est-Ovest le quote passano da -31 cm a -54
cm, con il restante divario colmato dai gradini verso la sagrestia
attuale.
ALLINEAMENTI
La lettura dei dati metrici raccolti per l'elaborazione
delle sezioni orizzontali del complesso, ed in particolar modo poi
l'approfondimento dell'indagine nell'area compresa tra la chiesa e
l'aula capitolare (area che di seguito definiremo semplicemente 'campo
di studio'), ha messo in luce una significativa deformazione geometrica
nella disposizione dei piani murari. Si è notato che la rispondenza
dell'impianto ad un modello ortogonale è in molti casi solo apparente:
una diversa legge sembra governare l'andamento reale delle murature in
elevato, che seguono in effetti una rotazione in senso antiorario
procedendo da Nord verso Sud. Tale rotazione appare molto evidente
sovrapponendo le tracce dei piani murari corrispondenti agli estremi del
campo di studio: il muro nord dell'aula capitolare ed il muro sud della
navata. All'interno del campo, poi, tale rotazione appare molto
graduale. Ed è proprio questa gradualità che risulta essere l'aspetto
più significativo dell'analisi, in quanto la rotazione sembra essere
determinata più da una precisa legge di variazione che da qualche
coazione o imprecisione nelle operazioni di tracciamento. In linea di
principio occorre tener conto che il dominio di variazione all'interno
del quale fluttua la rispondenza di un manufatto rispetto alla sua
espressione teorica e progettuale è determinato dal reciproco rapporto
fra il grado di perizia del cantiere e la sommatoria delle variabili che
determinano il grado di complessità dell'esecuzione. Tuttavia tale
espressione generale risulterebbe riduttiva se non si valutasse anche la
necessità di far convivere finalità, progetto e cantiere con
preesistenze e volontà di recupero. Il dominio della variazione, allora,
pur restando in assoluto ampio e determinando di conseguenza una certa
non aderenza della struttura reale al progetto, o comunque al modello
astratto, perde tuttavia la caratteristica indeterminazione della
casualità, conformandosi ad una precisa legge di variazione. Questo
sembra essere il caso del nostro campo di studio, ma per verificarlo è
stato necessario individuare un metodo che consentisse di studiare
appunto il criterio secondo cui i piani murari risultano disposti. La
metodologia scelta, che di seguito viene sommariamente descritta, benché
semplice nell'applicazione, si è rivelata difficoltosa nella
acquisizione dei dati necessari all'elaborazione. I risultati che se ne
traggono non possono avere la pretesa di dimostrare un teorema. Essi si
basano solo su fenomeni apparenti, cioè sulle geometrie strutturali:
sono dati in itinere che attendono le necessarie integrazioni da
indagini in grado di verificare la costituzione intrinseca, la materia
delle masse murarie. È innanzitutto stato realizzato uno schema che
individua 33 tracce di superfici murarie scelte tra le più indicative
del campo di studio: di queste 17 seguono la direzione dell'asse della
navata e 16 sono ad esse complementari. A ciascuna traccia è stato
assegnato un valore angolare espresso in gradi sessagesimali con
approssimazione a due cifre decimali. Per la determinazione di tale
valore angolare si è proceduto mediando le letture polari effettuate da
un tacheometro con approssimazione di lc in più punti per ciascuna
superficie muraria. È insito in queste letture (ed è stato
coscientemente accettato dall'inizio come possibile margine di
indeterminazione) un rischio di errore dovuto alla non planarità di
alcune superfici murarie, alla variabilità nello spessore degli
intonaci, o ancora ad eventuali ricuciture e rimaneggiamenti non
immediatamente leggibili. Sono state indicate con la sigla EW le
giaciture il cui asse si dispone prevalentemente secondo la direzione
Est-Ovest (asse longitudinale della chiesa) e con NS quelle con asse
Nord-Sud [7]. Si è subito notato che non esistono all'interno di alcun
ambiente assi di murature contigue che rispettino in pieno la condizione
di ortogonalità, anche se poco se ne discostano i muri interni della
chiesa e l'angolo esterno del transetto sul chiostro. Molto evidente
appare invece l'irregolarità degli ambienti adiacenti al transetto.
Analizzando le differenze angolari tra giaciture di analogo orientamento
si è determinato che il massimo scarto si registra secondo la direzione
EW ed è pari a 2,86 gradi. Questo dato conferma quell'impressione di
rotazione in senso antiorario degli assi murari che era stata
precedentemente notata. Per esemplificare meglio tale anomalia è stato
poi assegnato per convenzione il valore angolare O alla superficie
muraria che separa il chiostro dal capitolo (ns02) e si è proceduto al
ricalcolo di tutti i valori angolari rispetto al nuovo sistema di assi
cartesiani (tab. la). Si è in questo modo evidenziato che la superficie
muraria che più si approssima all'angolo retto rispetto ad ns02 è il
piano interno del muro nord del transetto (ewll) (tab. 2a), che assume
perciò la connotazione di punto cardine della rotazione. Queste due
giaciture sono state scelte quali discriminanti e, ad ulteriore conferma
del loro ruolo di cerniera dell'intero sistema strutturale, si è notato
che esse hanno in assoluto le direzioni più prossime alle rispettive
medie angolari. Successivamente si è proceduto a individuare due insiemi
di giaciture determinati da valori angolari rispettivamente inferiori e
superiori a quelli definiti dai discriminanti (tabb. 1b, 2b). Si viene
così a marcare ulteriormente la divisione tra gli ambienti conventuali,
le cui obliquità risultano quasi tutte inferiori a quella di
riferimento, e quelli della chiesa, i cui andamenti ne risultano sempre
al di sopra, se si eccettuano le tracce dei muri che delimitano la prima
cappella a nord, di dimensioni minori delle altre, e di conseguenza già
di per sé anomala. Nel grafico si è voluto evidenziare con colori
diversi i due gruppi di giaciture: in rosso sono indicate tutte le
tracce NS ed EW con valori angolari superiori a quelli individuati quali
discriminanti, in blu le tracce con valori angolari ad essi inferiori.
Infine sono riportate in giallo proprio le giaciture discriminanti. In
questo schema si osserva come i muri di direzione EW della sala
capitolare, della sagrestia, e della piccola cappella settentrionale
presentino obliquità alquanto omogenee (scarto massimo gradi 0,82).2 Il
muro settentrionale del transetto costituisce la cerniera ideale della
rotazione, ed al di là di esso la chiesa è delimitata da giaciture
murarie coerenti per inclinazione. Questo è confermato anche dalla
dislocazione dei due gruppi di murature ad andamento NS. Ancora una
volta dunque si è costretti a fermare l'attenzione sulla parete nord del
transetto, che sembra racchiudere in sé, così come accade nella non
celata dissonanza dei materiali che la costituiscono, la simultanea
appartenenza ad almeno due corpi, momenti e fabbriche distinte [4].
RAPPORTI PROPORZIONALI La presenza di costanti modulari, individuate
come caratteristiche del tracciato planimetrico cistercense, aveva già
portato lo Hahn ad includere il caso delle Tre Fontane all'interno di un
gruppo di appartenenza, il cosiddetto 'tipo piccolo'. Le nuove
operazioni di rilievo hanno offerto la possibilità di verificare
nuovamente tali rapporti, sia dal punto di vista grafico, sia applicando
algebricamente le leggi di corrispondenza.4 Il metodo di indagine prende
il via da due dimensioni principali: la larghezza complessiva delle tre
navate (Misura 1) e la profondità di un braccio del transetto incluse le
cappelle (Misura 2). Queste due misure principali, moltiplicate
rispettivamente per 3 e per 4, individuano come terza dimensione
fondamentale la lunghezza complessiva della chiesa dalla parete esterna
del coro a quella della facciata (Misura 3). Nell'incertezza, già
espressa dallo stesso Hahn, se includere o meno nel calcolo gli spessori
murari, si è deciso infine di considerarli, giudicandoli comunque
influenti sui rapporti proporzionali, benché spesso fra loro molto
differenti. Nel nostro caso la Misura 1 è uguale a 2249 cm, calcolata in
prossimità dell'innesto del transetto. Analogamente la Misura 2 è uguale
a 1665 cm, per quel che concerne il transetto nord [8]. Secondo la Legge
1 la Misura 1 deve corrispondere alla dimensione del coro, a partire
dall'arco di incrocio e comprendendo il muro perimetrale orientale. Alle
Tre Fontane questa dimensione è uguale a 2202 cm, con uno scarto quindi
di cm 47 (-2,1%). Secondo la Legge 1a la Misura 1 deve anche risultare
uguale alla profondità di un braccio del transetto più l'incrocio, ma si
riscontra per la zona settentrionale la misura di cm 2165, con uno
scarto di 84 cm ( — 3,7%). Se applichiamo la stessa legge per il braccio
meridionale del transetto leggiamo la misura di 2173 cm, con lo scarto
appena minore pari a 76 cm (-3,4%). Secondo la Legge 2 la Misura 2
corrisponde alla profondità del coro a partire dal centro dell'incrocio.
Abbiamo qui rilevato la dimensione di 1776 cm, con il notevole scarto
dalla Misura 2 di 111 cm ( + 6,7%). Tale scarto risulterebbe ridotto se
per la Misura 2 si fosse preso in esame il transetto meridionale: questa
sarebbe stata di 1710 cm e lo scarto di 66 cm ( + 3,9%). Secondo la
Legge 2a la Misura 2 deve essere analoga alla larghezza di metà
transetto staccata dal centro dell'incrocio. Nel nostro caso tale misura
è di 1550 cm verso nord, e di 1583 cm verso sud. Si evidenziano così due
scarti piuttosto consistenti: rispettivamente 115 cm e 127 cm (-6,9% e
-7,4%). Secondo la Legge 2b la Misura 2 è pari alla somma della navata
centrale più una laterale. Alle Tre Fontane la somma è di 1693 cm
considerando la navatella settentrionale, e lo scarto è di 28 cm ( +
1,7%) considerando la Misura 2 per il transetto nord. Analogamente nella
zona meridionale abbiamo una somma di 1760 cm ed uno scarto di 50 cm ( +
2,9%), prendendo in esame però la Misura 2 relativa al transetto sud.
Secondo la Legge 3 il rapporto fra la Misura 2 e la Misura 1 è pari a
4/3. Partendo dalla nostra Misura 1 (2249 cm) e sviluppando la
proporzione x : 2249 = 3:4 ricaviamo una teorica Misura 2 pari a 1687
cm, con uno scarto abbastanza piccolo quindi (22 cm, + 1,3%) rispetto
alla Misura 2 da noi letta nel transetto nord. Nel transetto sud lo
scarto è analogo risultando di 23 cm (— 1,3%). Secondo la Legge 4, come
accennato, la Misura 3 deve corrispondere a tre volte la Misura 1 ed a 4
volte la Misura 2. Alle Tre Fontane la Misura 3 risulta pari a 6645 cm;
dividendola per tre otteniamo il valore di 2215 cm, dividendola per
quattro il valore di 1661 cm. Rapportando tali valori a quelli già
considerati si notano 34 cm in meno rispetto alla Misura 1 (— 1,5%), e
soli 4 cm in meno rispetto alla Misura 2 ( — 0,2%) calcolata per il
transetto settentrionale. Per il transetto meridionale lo scarto è
invece maggiore, con 49cm(-2,9%). Da queste verifiche dimensionali
appare evidente una rispondenza di tipo modulare nel tracciamento
planimetrico della chiesa, pur tenendo conto delle difformità comunque
rilevate. Per quel che concerne la Misura 1 si notano scarti
sufficientemente contenuti: lo scarto minimo è di 22 cm, ottenuto con lo
sviluppo del rapporto algebrico per la determinazione della Misura 2; lo
scarto massimo è di 84 cm, differenza con la dimensione di transetto
nord più incrocio. È da notare però che gli scarti sarebbero stati
maggiori se la Misura 1 fosse stata presa al limite occidentale delle
navate, risultando la loro somma in questo punto di 10 cm maggiore. Per
la Misura 2 l'entità degli scarti è contenuta (dai 4 cm ai 28 cm) quando
essa viene staccata nel transetto settentrionale e rapportata alla
lunghezza complessiva della chiesa e alla somma di navata e navatella
settentrionale. Risulta molto più consistente il divario con la
profondità del coro (111 cm) e con le due metà del transetto (115 cm e
127 cm). Queste differenze si riducono, anche se non di molto, prendendo
la Misura 2 sul braccio sud del transetto. È da notare che è proprio
nella dimensione longitudinale del transetto che si verifica il massimo
scostamento dalle proporzioni teoriche ricavate dalle Leggi 1 e 2: alla
dimensione rilevata di 3133 cm dovrebbe corrispondere invece il valore
di 3330 cm ottenuto raddoppiando la Misura 1 nord (scarto 197 cm,
-5,9%). Tenuto conto dell'anomalia rappresentata dalla differente
larghezza delle due navate si è voluta provare la rispondenza agli
enunciati con una Misura 1 ipotetica (2190 cm), ricavata supponendo per
la navatella sud le stesse dimensioni della nord. Gli scarti sono
risultati molto ridotti: 25 cm (—1,1%) dalla dimensione effettiva di
incrocio e braccio nord del transetto, 17 cm ( — 0,8%) da quella di
incrocio e braccio sud, e solo 12 cm ( + 0,5%) dalla misura
corrispondente di incrocio e coro. Anche nel confronto con la dimensione
totale della chiesa, opportunamente divisa per tre, la differenza è
stata di soli 25 cm ( + 1,1%). Infine il risultato del rapporto per il
calcolo della Misura 2 si è allontanato di appena 22 cm ( + 1,3%) dalla
misura letta nel transetto nord. È apparsa inoltre immediatamente
evidente anche la corrispondenza fra la metà della misura 1 ipotetica
con la profondità del coro e con la larghezza dell'aula capitolare
[8-9]. Pur riconoscendo il valore puramente teorico di questa verifica,
la rispondenza dei risultati lascia supporre un progetto iniziale
simmetrico della planimetria della chiesa in cui le navate laterali
risultano uguali per larghezza e spessore murario, progetto a cui si è
fatto riferimento nel cantiere della zona settentrionale dell'impianto,
per poi allontanarsi dallo schema originale col procedere della
costruzione verso sud. Anche per quanto riguarda il tentativo di
riconoscere la presenza di un modulo, o di più moduli ripetuti, per
l'elevazione degli alzati si è ipotizzato un progetto simmetrico in cui
la navata laterale meridionale presenta le stesse dimensioni di quella
settentrionale [9]. Come già fatto dallo Hahn si sono considerate per
prime le dimensioni relative alle navate (principale e laterale nord nel
nostro caso),5 cercando di ricavare da queste una legge matematica, o
anche solamente un gusto geometrico nella definizione degli spazi. Sono
state così assunte come Misura A (379 cm) l'altezza della cornice sul
pilastro dove si imposta la volta della navatella, e come Misura B (632
cm) la larghezza comprensiva delle murature e I''altezza massima, che
risultando uguali racchiudono la nave laterale in un quadrato. La Misura
C (1068 cm) è stata invece identificata nella larghezza della navata
centrale staccata sulla mezzeria dei pilastri: riportando in verticale
tale dimensione ne è apparsa l'uguaglianza con l'altezza del transetto
sud e con la base della finestra centrale del coro. La Misura A non
corrisponde, come si voleva verificare, alla larghezza netta della
navatella, ciononostante permette la costruzione di un quadrato la cui
ripetizione sembra scandire, sulla sezione trasversale, lo sviluppo del
transetto e dell'ala contigua del convento, ed anche l'altezza e la
posizione delle finestre della controfacciata [9]. È interessante
infatti l'allineamento del pavimento della chiesa con le finestre del
capitolo, ma soprattutto quello della cornice sul pilastro con l'altezza
degli ambienti adiacenti. Sono da notare poi le relazioni di questi con
il modulo A, che se posto in corrispondenza del muro
transetto/dormitorio e moltiplicato lungo la direttrice nord-sud sembra
collocare la posizione degli appoggi delle due scale, tripartire l'aula
capitolare e segnare verso sud la conclusione di quella navatella
ipotetica, assunta come simmetrica della nord. Riproponendo inoltre in
alzato le Misure A e B si osserva poi la grande rispondenza fra la
posizione delle aperture della facciata e la composizione dei moduli.
Così, dal basso verso l'alto, troviamo ad un'altezza pari ad un modulo A
più uno B le finestre laterali basse, ad un'altezza pari a tre moduli A
quella centrale, e ad un'altezza pari a quattro moduli A le laterali
alte ed il rosone. Come già visto per le Misure 1 e 2 della pianta,
regolate dal rapporto 4/3, esiste un rapporto proporzionale anche fra le
Misure A e B, che è risultato pari a 5/3. La ripetizione quindi in
verticale per cinque volte del modulo A e per tre volte del modulo B
evidenzia un punto singolare, su cui cade anche il vertice del triangolo
equilatero che si costruisce sulla larghezza complessiva delle tre
navate (Misura 1 ipotetica). Sembra quindi venire sottolineata una quota
che non corrisponde all'altezza attuale, ma che ad essa si avvicina
molto. Risulta infatti il colmo della capriata più alto di 82 cm, con
uno scarto percentuale del + 4,3%: tale scostamento può per un verso
considerarsi minimo di fronte alla notevole dimensione dell'alzato, e
per un altro può indurre a ipotizzare più in basso il vertice progettato
per la volta a botte spezzata lasciata intuire dagli accenni di
curvatura laterali in alto sulla navata. Ciò che di questa volta rimane,
e che funge da appoggio alle capriate, è comunque in una posizione
significativa, trovandosi sulla base del ribaltamento di un triangolo
equilatero costruito sull'ampiezza netta della nave centrale.
Rappresenta forse la volontà di riportare un imprevisto o un mutamento
di intenti all'interno di uno schema geometrico noto. È proprio la
ricerca di questo schema geometrico, duttile forse alle preesistenze, ai
cambiamenti di direttive ed ai problemi costruttivi, che si è voluta
riassumere in queste note, primo approccio di uno studio ancora lungo
quanto appassionante.
APPENDICE
OSSERVAZIONI SUL ROSONE DEL CORO
Durante il lavoro di rilievo di dettaglio del rosone che
si apre nella parete del coro, ed ancor più durante la successiva fase
di graficizzazione, ha destato interesse la decorazione che la pietra
rivolge verso l'esterno [10]. Il rosone si compone attualmente di
quattro parti tagliate ed accostate in modo da rendere possibile
l'inserimento di un elemento centrale, per il montaggio del quale si
notano i fori praticati nello spessore della pietra. 11. Ipotesi
ricostruttiva della decorazione del rosone del coro. I quattro lobi
circolari però risultano ricavati non già da un assemblaggio di più
parti di recupero, ma vanno a tagliare un'unica lastra già incisa,
inserendosi nella decorazione ed utilizzandola quasi come supporto
geometrico. Il motivo decorativo infatti sembra continuare inalterato
attraverso la divisione dei componenti ed incorniciare l'apertura del
rosone. Due fasce di incisioni rettilinee corrono ad unire precisamente
i lobi in alto a sinistra ed in basso a destra, mentre negli angoli
opposti si sviluppano fasce di linee curve che racchiudono in basso un
motivo circolare ed in alto tre bracci di una croce. Sono state
prolungate le linee rette e sono stati ricavati i centri delle linee
curve elaborandone l'ipotetica prosecuzione. E divenuto così evidente un
motivo ad anelli concatenati, che si sviluppa con una precisa geometria
inserito fra due bande rettilinee [11]. Riportando poi l'intero motivo
sul rosone si osserva come anche le tracce più piccole e difficilmente
interpretabili si inseriscano perfettamente in tale sviluppo,
evidenziandosi come nel braccio fra un petalo e l'altro aperto nella
pietra venisse a cadere un punto di incrocio o tangenza fra i cerchi.
Così anche il piccolo disco rotondo e la porzione superstite della croce
risultano evidentemente centrali rispetto alla mandorla generata dalla
concatenazione delle fasce circolari. Il ritmico andamento del disegno
sembra inoltre definire una lastra di dimensioni almeno doppie rispetto
alla porzione quadrata entro cui è stata ricavata l'apertura del rosone.
OSSERVAZIONI su ALCUNE CANALIZZAZIONI PER IL DEFLUSSO
DELL'ACQUA PIOVANA
Durante le operazioni di restauro dei tetti dell'abbazia
sono state rinvenute tracce di canalizzazioni ormai in disuso per lo
smaltimento delle acque meteoriche. La comprensione della funzionalità
di questi elementi tecnici ha contribuito alla ricostruzione ipotetica
del succedersi delle fasi costruttive delle coperture del transetto nord
e delle cappelle adiacenti, giacché la creazione dei nuovi volumi di
fabbrica ha comportato anche realizzazione ex nova, modifica o
dismissione di gronde. È proprio questo il caso di due canali di scarico
[12, X ed Y] rinvenuti uno in corrispondenza della zona del transetto
settentrionale della chiesa e l'altro sulla copertura della sagrestia
nuova. Il canale contrassegnato con la lettera X si presenta diviso in
due bracci con inclinazione l'uno verso nord e l'altro verso sud. È
realizzato in conci di pietra da taglio della lunghezza approssimativa
di 80 cm. Il canale ha una larghezza di 20 cm ed una profondità
variabile tra i 12 ed i 50 cm. Aveva lo scopo di convogliare l'acqua
proveniente dalla copertura della sagrestia in due direzioni opposte e
cioè sulla copertura delle cappelle del transetto da una parte e sulla
copertura della sala capitolare dall'altra. La realizzazione quindi è
evidentemente anteriore alla sopraelevazione delle cappelle giacché
questa determina l'occlusione del braccio che portava l'acqua verso sud.
Sulla falda del transetto settentrionale rivolta ad est, è presente il
canale per lo smaltimento delle acque piovane contrassegnato in figura
dalla lettera Y. E composto da una serie di elementi in pietra disposti
a formare un braccio con pendenza Nord-Sud in un allettamento realizzato
al di sopra della falda stessa. La larghezza è di circa 14 cm con una
profondità variabile tra 10 e 53 cm, che determina l'inclinazione verso
la croce del transetto. In corrispondenza del muro perimetrale della
navata l'acqua viene poi indirizzata, con un gomito, verso l'esterno. È
evidente che la creazione di questo elemento di scarico sia da
ascriversi ad una fase successiva a quella della costruzione del
transetto. La presenza stessa del canale e le modalità di esecuzione
confermano che in una prima fase edilizia il transetto nord si doveva
elevare libero al di sopra della copertura delle cappelle, ricevendo
luce direttamente dalle sue due finestre. Quando successivamente fu
realizzata la sopraelevazione delle cappelle fu necessario anche creare
un canale che convogliasse le acque piovane dalla falda ormai occlusa
verso l'esterno [13]. Riassumendo sinteticamente si delineano almeno tre
distinte fasi compatibili con la posizione dei canali: la fase: le
cappelle del transetto nord non presentano alcuna sopraelevazione e la
sagrestia nuova non è ancora stata realizzata. 2a fase: viene edificato
il corpo della sagrestia e nella sua parte superiore viene formato il
doppio canale X. 3a fase: vengono soprelevate le cappelle del transetto.
Il braccio sud del canale X resta occluso e l'intera gronda, non più
utilizzabile, viene ricoperta da una falda. Viene costruito il canale Y
per permettere il deflusso delle acque dalla residua falda del transetto
prima verso la navata e poi verso l'esterno.
Da: R. Caglianone,
A. Iazeolla, Prime osservazioni dal rilievo architettonico del complesso
delle Tre Fontane, in Arte
Medievale, serie II, anno VIII, n° 1, tomo primo, 1994, pp
121-132 |